Perché narrare?
Nelle storie ci si svela, ci si rispecchia nelle storie degli altri e così facendo si moltiplicano le possibilità di pensare, si moltiplicano le connessioni, si crea comunità.
Ogni classe è un luogo fisico dove attori diversi quotidianamente tessono una rete di relazioni fatta di aspettative individuali e reciproche, emozioni, abilità sociali acquisite da esperienze personali e che con la vita di classe si intrecciano e a volte si scontrano.
E’ una comunità che vive di regole contestualizzate in cui si costruiscono e si trasmettono conoscenze, modelli culturali, valori, competenze.
L’insegnante, quale figura cardine intorno alla quale ruota il lavoro educativo, è colui che consapevolmente è chiamato a gestire una tale complessità.
Una complessità mutevole, sfaccettata, vissuta in prima persona con i propri studenti che spesso presenta aspetti inaspettati, insoliti e imprevisti.
Ecco allora che la classe diventa crogiolo di vissuti, ricco e prezioso che trasforma quel sapere teorico e formale dell’insegnare, in una ‘pratica viva’, attraverso la quale cresce e matura quel bagaglio professionale, carico di esperienze e di riflessioni, lasciate spesso taciute e vane ma che sono la vera anima dell’azione educativa.
Affidare loro la ‘parola’ attraverso la narrazione, il racconto, equivale a svelare a noi stessi e agli altri un sapere “sotterraneo”, che insegna e che crea comunità, perché in quelle storie è possibile rintracciare e condividere parti di quei vissuti, che popolano il lavoro dell’insegnante e cercare di superare, una volta per sempre, quel senso di isolamento sentito come un grave limite e da cui non ci è dato ricavare nessun frutto.
Ecco una breve (e non esaustiva) raccolta delle motivazioni identificate da colleghi:
- perché sento che le teorie non mi danno piena soddisfazione
- perché sono stanca di scrivere programmazioni e relazioni in didattichese
- perchè sento il bisogno di un confronto per capire i punti di forza e di debolezza del mio lavoro
- perché ogni persona è unica e il vissuto di ciascuna può avere un valore unico per qualcuno (a volte per molti)
- per sentire "la didattica sulla pelle", fatta di esperienze sul campo, di sentimento e "vicinanza" che le trasforma in racconti
- perché di scuola si parla sempre in modo demagogico e qualunquistico
- perché relazionarsi con i bambini / ragazzi sta diventando sempre più difficile
- perché ormai mi confronto veramente con i colleghi solo davanti alla macchinetta del caffè
- perché ci sono tanti insegnanti appassionati e preparati, oltre ai mediocri e disfattisti
- perchè la mia storia potrebbe arricchire o far desistere altri
- perché sono stufo/a di vedere musi lunghi intorno a me e ho voglia di raccontare una lezione che mi ha riempito di gioia
- perchè per un insegnante non c'è niente di cosi' profondamente personale e catartico che raccontare lentamente se stessi e riflettere sulla propria azione educativa
Insomma, la vita non si spiega: si racconta, e ne usciamo tutti arricchiti.
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